Da 1566 metri scende nell’Umbria fino alla Via Flaminia, separando con la sua mole Gubbio da Fabriano, dominando una terra costellata di storia e di testimonianze antiche, dalle memorie etrusche, romane, medievali, rinascimentali. Lo chiamano Il Ventre dell’Appennino, la zona più centrale dell’Italia Centrale, imponente tra i rilievi appenninici, affascinante nelle sue viscere carsiche costellate di caverne, fiumi sotterranei, cunicoli e ipogei da cui improvvise sgorgano fonti salutari e fresche che il fiume Sentino accoglie nel suo alveo nella sua vivace discesa verso le Marche.

È il Monte Cucco, i cui boschi sono protetti dal 1995 dall’omonimo Parco, le cui alture sono diventate oggi il paradiso dello sport di montagna, dal volo a vela, alla speleologia, allo sci di fondo. In diecimila ettari, un microcosmo di incredibile varietà. Qui abita il lupo, il daino, il cinghiale, l’istrice, la martora, la lepre, è stato avvistato persino l’ormai rarissimo gatto selvatico, la lince. Per non parlare di una leggendaria Bestia del Monte Cucco, a metà tra l’orso e chissà quale mostruosa chimera montana, che ogni tanto lascerebbe impronte inquietanti e ciuffi di pelo sconosciuto tra i faggeti e i primi pascoli d’altura. Vola alta l’aquila reale, il falco, la coturnice, il gufo reale e nei torrenti più in vetta si trova ancora l’ormai quasi estinto gambero di fiume.

Più a valle, i centri storici dei quattro comuni. Fossato, Sigillo, Scheggia e Costacciaro, chiusi nella bellezza delle cinte di mura medievali, custodiscono i propri tesori artistici, paesaggistici e culturali nelle chiese, con i dipinti, le raccolte di fossili, archivi fitti di documenti preziosi per lo storico. Più a nord, le antiche abbazie benedettine e camaldolesi, dalla sobria e ascetica eleganza, di cui le più importanti sono quella di Sant’Emiliano a Isola Fossara e l’Eremo di San Girolamo a Pascelupo. L’acqua ha scavato la roccia nei pittoreschi capricci paesaggistici della Forra di Rio Freddo, un’impressionante gola prodotta dal torrente nel massiccio orientale del Parco; oppure sul Balzo dell’Aquila, dove potete affacciarvi sull’orrido inciso sui calcari liassici; o sotto la Scarpa del Diavolo, dove un rio gelido scorre rapido nel suggestivo canyon della Valle delle Prigioni.

Ci sarebbe poi da ricordare un posto unico al mondo, anch’esso prodotto dalla paziente azione dell’acqua in milioni di anni: la Grotta del Monte Cucco, esplorata probabilmente fin dal 1551, oggi visitabile per circa 800 metri, su un’estensione che in realtà copre 30 chilometri di percorsi che scendono nelle viscere della terra per novecento metri. E’ il più importante sistema ipogeo dell’Europa ed è davvero uno spettacolo inaspettato che merita una visita.

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Trekking sulle vie della transumanza del Monte Cucco

Ma a noi piace camminare all’aria aperta: ed ecco qui allora un itinerario, tra i mille possibili, né facile né difficile, che unisce al valore paesaggistico la suggestione di racconti tramandati nei secoli di paese in paese, di nazione in nazione. Si parte da Costacciaro, castro medievale fondato nel 1250 come fortilizio di vedetta, e ci si dirige decisi verso il Pian delle Macinare (1135 m.s.l.m.), altopiano carsico che d’inverno si trasforma nella perfetta pista da sci di fondo: il punto di partenza del nostro itinerario è qui. C’è un sentiero, battuto tra i pascoli, il numero 8, che porta alla cime del monte Le Gronde (1373 m.s.l.m.).

E’ uno stradello, come lo chiamano, che ripercorre il tracciato di un antico tratturo della transumanza, tant’è che nel nome, “I Trottori”, conserva ancora il ricordo dell’antica pratica pastorizia. Si arriva a una fonte d’acqua, L’Acqua Passera, si riempiono le borracce nel fontanile (perché poi di acqua non se ne trova più) e si imbocca il sentiero che si inoltra nel faggeto, che è poi il vero tratto naturalistico tipico di questa zona. Sono faggi secolari, per la maggior parte, e qui siamo tra i boschi più estesi di tutto il Parco.

Alla fine, la vista si apre improvvisa e solenne sui prati del Col d’Urlando, dove ci aspetta la leggenda. Siamo a 1292 metri, davanti a noi svettano Le Gronde: là sopra pare abitasse un terribile gigante, il malefico Sania che armato di fionda (mazzafionda, come si dice qui) colpiva i poveri pastori, costretti a passare di lì nel loro mestiere disperato, con pietre grosse come case. Eroicamente il paladino Orlando (sissignori, quello di Carlo Magno) se ne viene qui su con spada e cavallo e sfida il bandito. A un certo punto Orlando, nella furia disperata delle ultime forze, mena cinque fendenti poderosi: il gigante viene fatto finalmente a fette, ma i colpi sono così forti da affettare pure il fianco del Poggio Foce, che vedete lì verso il paese di Scheggia.

In effetti, ci sono cinque fenditure sul fianco della montagna, chiaramente di fattura umana, che però nessuno sa spiegare se non con fiabe: altri infatti raccontano, con altrettanta fantasia, che siano stati fatti da una zampata dal Diavolo e li chiamano “I Spacchi del Diavolo”. Ma noi restiamo con Orlando che, poveraccio, sconfitto il bischerone cattivo, sente a un tratto che è arrivata la sua ora: il cavallo è ormai buono per farci il salame, la spada mitica è spezzata, le sue ferite sono troppo profonde – è finita. I pastori riconoscenti lo seppelliscono lì e amen: ecco perché questo altopiano si chiama Col d’Urlando. Sì, in realtà Orlando è morto a Roncisvalle, sotto i Pirenei, ma non roviniamoci la storia.

Anche perché è ora di rimetterci in cammino: il sentiero prosegue in salita tra arbusti spinosi e contorti, fino a raggiungere la dorsale più settentrionale della montagna. Un ultimo sforzo e siamo sulla seconda cima del Parco, sulla cosiddetta “Torretta”. Da qui, guardando a Est, sulla faggeta di Le Fontanelle, possiamo renderci conto delle dimensioni degli alberi più antichi: quelli che svettano più alti spuntando dal bosco raggiungono addirittura i 25 metri. Più in là, verso Sud, ecco il Monte Cucco, che ci guarda severo e incontaminato, il bosco de “I Bruciati” e i prati dei Costi Leprene ai suoi piedi. Da qualche parte là sotto, chissà: magari intravedete pure la Bestia del Monte Cucco.

Monte Cucco, Umbria
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